sabato 14 luglio 2012

pc 14 luglio - PROLETARI COMUNISTI SULLA SENTENZA DI GENOVA


La sentenza che condanna a 90 anni di carcere complessivi 10 manifestanti del G8 di Genova è da un punto di vista anche democratico ingiusta e sbagliata.
Ingiusta perchè parte da un teorema ideologico e politico che viene sovrapposto alla dinamica dei fatti, un teorema che dopo la blanda sentenza di condanna dei vertici della polizia per i fatti della Diaz appare quanto mai ingiustificato, l'utilizzo della 'devastazione e saccheggio' addebitandoli ai 10 manifestanti non trova nessun riscontro nella realtà. Non abbiamo assistito nel 2001 ad una città in cui sarebbe stata “sconvolta la vita pacifica dei genovesi dai manifestanti”. Genova è stata sconvolta dal G8, dalle sue zone rosse, dalla sua militarizzazione già prima delle giornate del G8; Genova è stata sconvolta poi per due giorni da una violenza poliziesca senza limiti e freni, tra dittatura cilena e macelleria messicana, e non certo solo per la Diaz e Bolzaneto, ma per la spietata, pianificata caccia alle streghe, attacco ai coreti e ai manifestanti, pestaggi, aggressioni, fino al crimine di Stato dell'uccisione di Carlo Giuliani. Se si volesse utilizzare effettivamente la tipologia di reato di 'devastazione e saccheggio' non è certo ai manifestanti che andrebbe addebitata. La 'pacifica popolazione' solidarizzò e sostenne in mille modi i manifestanti, denunciò prima e dopo la devastazione della città fatta dalla polizia e ha accolto Carlo Guliani come proprio figlio giustamente ribelle e vittima di una violenza di Stato rimasta impunita.
Mettere insieme come fa il giudice Gaeta tutti i fatti “incriminabili”: strade disselciate per lanciare pietre, vetrine rotte per introdurvi le molotov, bancomat sfondati per rubare soldi (?) - falso assoluto – cassonetti usati come trincee, ecc., avvenuti in due giorni di battaglia da centinaia e centinaia di manifestanti dentro le decine di migliaia che hanno poi opposto comunque resistenza alle violenze poliziesche, e caricarli in termini di anni su 10 manifestanti presi a caso senza una corrispondenza dimostrabile tra queste presunte devastazioni e le responsabilità individuali dei manifestanti, è la dimostrazione di una sentenza scritta prima e comunque, al di là dei processi e dei suoi tre gradi.
E' la chiara dimostrazione di una verità di Stato che solo può essere ispirata da chi questo Stato di polizia a Genova ha gestito.
Cos'è poi una vetrina spaccata di fronte a teste spaccate, ai criminali pestaggi della Diaz, alle ignobili torture di Bolzaneto, alle centinaia di corpi insanguinati e violati nelle strade di Genova , alle profonde ferite, per alcuni permanenti, fisiche e psicologiche?
Per questo, la sentenza non può essere neanche riconosciuta e in nessun modo paragonata, anche come sentenza, a quella che ha condannato i vertici di polizia in cui la forza della prove e delle responsabilità personali è stata consistente e precisa, (e sul cui commento rimandiamo alla precedente nota).

Questa sentenza è una vendetta per rovesciare la verità storica dei fatti, e, per il momento in cui avviene, è una rappresaglia per cui 10 manifestanti, per altro oggi in parte normali cittadini, avevano già pagato con i processi che avevano criminalizzato la loro vita.
Quindi è giusto che siano i democratici, il fronte del '10x100' che faccia sentire alta la sua voce, che diventi una protesta generale che costringa comunque a trovare la via perchè la sentenza non venga realmente applicata e venga ridimensionata e i 10 manifestanti possano comunque tornare liberi.

Ma temiamo che la cosa sia complicata anche da altri elementi. Noi non amiamo le dietrologie ma è in atto una campagna volta a non applicare l'altra sentenza, quella ben più seria e fondata, sia pure lieve e inadeguata, che colpisce i capi della polizia, insieme ad altri le cui responsabilità sono state accertate e sanzionate, e per i quali è stata chiesta anche la custodia cautelare che ora si vuole sventare ed evitare. Per cui i 10 manifestanti diventano una sorta di “sequestrati” e di ostaggi affinchè venga resa inefficace la sentenza per la polizia. Ed è quindi legittimo pensare che dietro la sentenza contro i 10 manifestanti ci sia anche un gioco politico che tutti, governo, Napolitano, partiti parlamentari non mancano di usare.
Questo è dimostrato anche dal fatto che quello che apparirebbe in questo momento il più estremo dei politici presenti in parlamento, Di Pietro, aveva sollevato la questione che “anche il movimento deve chiedere scusa per quello che ha fatto”, posizione certa non nuova per Di Pietro che si oppose anche alla commissione d'inchiesta parlamentare.

Detto questo, per noi Proletari comunisti le due sentenze stanno insieme secondo l'unica logica che è sostanziale in questa vicenda, lo Stato borghese utilizza due pesi e due misure come concezione del sistema perchè i Vertici di polizia sono parte della dittatura di classe e nella tendenza al moderno fascismo e Stato di polizia sono una sorta di prima linea della dittatura di classe, e i ribelli sono i nemici della dittatura di classe e come tale devono essere schiacciati, prima, durante e dopo. E' questo ultimo aspetto che ci chiama alla responsabilità di considerare le due sentenze come parte di una guerra di classe e ci chiama ad una mobilitazione prolungata perchè i massacratori, torturatori, gli assassini di Genova paghino e tutti i manifestanti di Genova imprigionati, processati, criminalizzati siano liberi. 

Proletari comunisti - PCm
14.7.12 

pc 14 luglio - Ilva Taranto - verso la 'tempesta perfetta' voluta da padron Riva

comunicato N°1


Da alcuni giorni l'Ilva è nell'occhio del ciclone, come se fossimo alla vigilia di una tempesta.
Chi l'ha avviata e dichiarata questa guerra è l'Ilva di Padron Riva, i suoi strumenti sono stati innanzitutto un gruppo di capi, impiegati e galoppini che si firmano in maniera truffaldina “I lavoratori Ilva', e che seminando terrore e allarmismo cercano di coinvolgere tutti i lavoratori in una guerra e una crociata sbagliata e perdente a tutela principalmente degli interessi dei padroni, il cui unico interesse è di fare profitti sfruttando gli operai e eludendo fin dove è possibile le leggi sulla sicurezza e di tutela della salute e dell'ambiente, che hanno provocato in questi anni morti sul lavoro, morti da lavoro, tumori e malattie professionali rendendo Taranto, una delle capitali di queste fabbriche della morte.
Chi doveva fermare la mano di Riva in questi anni, imponendogli tutela della sicurezza e dell'ambiente, oltre che salari e diritti? Innanzitutto gli operai Ilva e le loro organizzazioni sindacali con la lotta. Questo non è avvenuto perchè i sindacati confederali sono alleati e complici dell'azienda e ne hanno favorito piani, interessi e profitti, traendone vantaggi e carriere, e gli operai non sono riusciti a sottrarsi a questa situazione diventando prede consapevoli e inconsapevoli di un cinico odioso ricatto occupazionale. Questo ha aggravato la situazione e l'ha resa progressivamente peggiore portandola a un punto assai grave.
Le inchieste e le perizie della magistratura non hanno creato il problema ma lo hanno solo reso evidente.
Di fronte a questo l'Ilva di padron Riva non vuole pagare pegno delle sue responsabilità, vuole che lo Stato paghi i costi della situazione che la gestione della fabbrica nell'interesse della produzione per fare sempre più profitti ha creato. Insomma il padrone dice 'i profitti sono miei e guai a chi me li tocca', anzi voglio continuarne a fare come prima e più di prima, le perdite sono vostre.
Per ottenere questo padron Riva per coprirsi le spalle ha cambiato il suo gruppo dirigente, per salvaguardarlo e metterlo al riparo dalle inchieste della magistratura e per mettere al loro posto dei prestanome, quali questo ex prefetto ed ex candidato sindaco di Milano del PD Ferrante, che sa di siderurgia meno dell'ultimo operaio e che in questi giorni a Taranto è venuto a fare rappresentanza e turismo: una sorta di 'pupo di pezza' che interloquisca con Governo, Regione ecc. per smorzare i danni e ottenerne i vantaggi politici ed economici a sostegno del padrone. In fabbrica invece l'arma del padrone sono coloro che si firmano “Lavoratori Ilva” e che hanno oggi piena agibilità in azienda di fare e dire tutto quello che vogliono.
Questi signori come piccoli sciacalli cavalcano le giuste paure e preoccupazioni degli operai, che certamente non vogliono perdere il posto di lavoro per diventare una sorta di ridicola guardia pretoriana del padrone.
Di fronte a questo 'disastro provocato e annunciato 'ad arte' tutti corrono, governo, regione, istituzioni, sindacati, al capezzale di Riva per vedere come aiutarlo a uscire dalla situazione, mettendo a disposizione dai 100 ai 300 milioni di euro e facendo una pressione congiunta sulla Magistratura - che quando non fa niente è denunciata giustamente come complice del padrone, quando fa qualcosa viene messa sotto accusa di provocare il disastro sociale, la chiusura della fabbrica, il licenziamento degli operai.
Gli operai coscienti di questa fabbrica devono innanzitutto sottrarsi a questo gioco del padrone e dei loro servi, dimostrare coi fatti di saper ragionare con la loro testa, organizzandosi autonomamente nello Slai cobas per il sindacato di classe Ilva, con dignità e coraggio per tutelare lavoro, diritti e salari dagli attacchi di padroni e governo Monti, ma anche tutela della sicurezza e salute in fabbrica e in città dall'attacco che viene da padron Riva innanzitutto.
La loro arma è l'organizzazione e la lotta in fabbrica e non la 'marcia a comando' come soldatini senza cervello da film di Charlot.
Solo questa lotta operaia autonoma può salvare lavoro e ambiente e creare una grande unità tra operai e città, ogni altra strada porta davvero alla rovina degli operai, della fabbrica e della città.

Slai cobas per il sindacato di classe ILVA
cobasta@libero.it
via Rintone 22 Taranto
14 luglio 2012

pc 14 luglio - libertà per Ines Morasca, Alberto FunaroVincenzo Vecchi, Marina Cugnaschi e Francesco Puglisi,

In particolare, sono diventate definitive le condanne nei confronti di Ines Morasca (6 anni e 6 mesi) e Alberto Funaro (10 anni); condanna definitiva anche per Vincenzo Vecchi, Marina Cugnaschi e Francesco Puglisi, nei cui confronti la Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna per il solo reato di detenzione di molotov, con conseguente sconto di pena variabile tra 9 e 12 mesi di reclusione
Sit-in davanti alla Cassazione

Manifestazione a Roma. Oltre cento persone hanno sfilato in corteo nelle strade del centro di Roma, partite da Piazza Trilussa verso Largo Argentina per protesta contro la decisione della Cassazione. Alcune uova contenenti anche vernice
sono state lanciate contro il ministero della Giustizia. Giunti davanti al ministero della Giustizia hanno spiegato ai megafoni le ragioni della loro protesta, "contro le condanne in carcere per cinque dei dieci No Global giudicati"

pc 14 luglio - contro la sentenza di Roma - la mobilitazione è già cominciata

Sit-in davanti alla Cassazione Per tutto il giorno, un gruppo di manifestanti ha promosso un sit-in nei giardini davanti alla Cassazione in piazza Cavour. Slogan, striscioni e il lungo elenco di intellettuali che hanno aderito alla campagna intitolata 'Genova 2001 non è finita, 10X100 anni di carcere', con la quale una rete di attivisti no global ha chiesto l'annullamento delle dieci condanne. Tra i firmatari, Erri De Luca, Ascanio Celestini. Diversi anche gli attori e i registi tra i quali Daniele Vicari, Giorgio Tirabassi, Valerio Mastrandrea, Elio Germano

pc 14 luglio - un seminario che speriamo serva realmente


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Negli ultimi venti anni ci eravamo spesso sentiti ripetere – non solo dai media borghesi, ma soprattutto dagli intellettuali di “sinistra” – che “gli operai non esistono più”, che “le classi sociali sono scomparse”, che persino “il lavoro è finito, spalmato ormai su tutto l’arco dell’esistenza”, e che quindi ogni ipotesi di lotta di classe era “anacronistica”, perché nella “complessità” della società “postfordista” non aveva senso la contrapposizione frontale, ma bisognava piuttosto creare “movimenti di opinione”, capaci di coinvolgere i differenti “gruppi sociali” o “soggettività” in battaglie trasversali per i “diritti”…

Queste affermazioni teoriche, che dietro l’apparente novità e gli entusiasmi del linguaggio celavano la capitolazione all’ideologia dominante, andavano di pari passo con la rimozione della memoria storica delle lotte dei decenni precedenti e con la distruzione di ogni ipotesi organizzativa, sia politica che sociale, dei lavoratori.La crisi iniziata nel 2007 e l’incapacità di risposta da parte dei movimenti hanno dimostrato quanti errori, teorici e pratici, c’erano in queste posizioni. La crisi ha infatti sfrondato molti orpelli retorici, cancellato molte apparenze, e ricondotto l’attenzione generale alle strutture produttive della società. Si è ricominciato a parlare di capitalismo e a leggere Marx. I lavoratori, e persino gli “invisibili” operai, sono tornati sulla scena. Appena il gioco si è fatto duro, gli agenti del capitale, come Marchionne con il suo “piano” o la Fornero con la sua “riforma”, hanno subito puntato ai luoghi dove si produce valore, cercando di intensificare lo sfruttamento, di allungare i tempi di lavoro, di rendere più ricattabili i lavoratori. Non c’è da stupirsi quindi se sono sempre di più i commentatori – soprattutto borghesi! – che riconoscono la distinzione della società in classi e persino la consistente realtà della lotta di classe. Anche se in questo momento questa lotta è condotta dalla sola borghesia contro un proletariato frammentato e inconsapevole...

Come studenti, lavoratori più o meno precari, militanti comunisti, abbiamo più volte sentito l’esigenza di impadronirci di una teoria che ci permetta di capire come funziona il mondo capitalista. Perché senza una teoria rivoluzionaria ci si può agitare molto, stancare troppo, e non arrivare a nulla... Con questo seminario cercheremo quindi di rispondere ad alcune domande che ogni giorno le difficoltà della vita e della pratica politica ci mettono davanti: chi è il nostro soggetto di riferimento? Come sono cambiate, nel nostro paese e nel mondo, le classi sociali? Si può ancora parlare di “centralità operaia”? Cosa rappresentano gli immigrati o i giovani precari che oggi formano una quota significativa della forza lavoro? Come possiamo suscitare una coscienza di classe? Come connettere la fabbrica e i luoghi di produzione con il resto della società, per fare egemonia? E come possiamo organizzarci collettivamente?

Per cercare di rispondere a queste domande, abbiamo pensato di dividere la nostra discussione in tre momenti:
1. Una parte più teorica, in cui cerchiamo di capire qual è la definizione che Marx ha dato di operaio, di lavoratore e di proletariato, cercando di andare oltre alcuni luoghi comuni e letture superficiali. Per provare a capire come la forma dello sfruttamento, il capitale come rapporto sociale, resti immutato anche se cambiano le figure storico-sociali del lavoro. Approfondendo insomma le categorie marxiane cercheremo di capire in quali luoghi e con quali metodi si estrae ancora oggi quel plusvalore che sta alla base del profitto – unico motore e fine del capitalismo.
2. Proveremo quindi a riscontrare questi concetti nell’Italia del 2012, cercando di capire quale sia la specifica posizione produttiva e quindi la composizione di classe, all’interno di un contesto mondiale che vede incrementare la produzione di fabbrica e aumentare numericamente gli operai. Si tratterà quindi di capire quanti sono, dove sono e cosa fanno oggi i lavoratori, e da chi è formato il proletariato, cercando di dare una lettura di classe anche di fenomeni importantissimi come l’immigrazione o il “precariato”.
3. Sulla base di questo percorso allo stesso tempo concettuale e materiale, analitico e descrittivo, cercheremo di interrogarci su un problema fondamentale, tutto pratico: com’è cambiata la coscienza di classe dei lavoratori, e perché? Come possiamo, nel contesto contemporaneo, in cui sono stati distrutti o quantomeno destrutturati i grandi aggregatori collettivi, suscitare di nuovo una coscienza di classe? Come riconnettere un proletariato che è frammentato, non solo materialmente, nei posti di lavoro, nelle forme contrattuali etc, ma anche ideologicamente e soggettivamente, nelle appartenenze e nelle esperienze di vita?

Chiaramente non pensiamo di poter rispondere a tutte le questioni sollevate, ma proveremo, almeno un poco, a impossessarci di un metodo, per non “fotografare” la realtà così com’è, ma individuare quelle tendenze che animano la società capitalista, per arrivare a scuoterla dal profondo.

Promuove: Collettivo Autorganizzato Universitario – Napoli
caunapoli.org

pc 14 luglio - processo ai NOTAV quinta udienza

Processo Notav: resoconto della quinta udienza preliminare 

processo_notavOggi venerdì 13 luglio si è svolta la quinta udienza preliminare del procedimento penale che vede imputati i 46 NO TAV per i fatti del 27 giugno e del 3 luglio avvenuti in Val Susa.
In aula hanno preso parola gli ultimi avvocati della difesa per discutere le posizione dei loro assistiti. Essi hanno fatto notare, con le dovute specificità individuali, come la riproduzione fotografica fornita dalla digos torinese ritraggano immagini statiche solo ed esclusivamente del soggetto sottoposto al presunto reato, decontestualizzate dal resto, con uno spazio temporale fra una foto e l' altra di diverse ore. Nell'intenzione dell'accusa questo potrebbe far presupporre che l'imputato abbia perpetuato per diverse ore il reato contestatogli. Le foto che ritraggono quel singolo momento, in quella singola situazione fisica e temporale, non vengono interpretate come un momento unico, ma come una continuazione dell'azione nell'arco di un lungo tempo.
Ovviamente questa posizione dell'accusa viene contestata dalla difesa che ritiene invece quel momento un momento unico, specifico. In più ciò che manca assolutamente è la ricostruzione del comportamento di un altro importante attore in campo oltre i manifestanti, cioè quello delle forze dell'ordine che avrebbero, ad esempio, iniziato il lancio di lacrimogeni prima del lancio di sassi.
Alla fine della discussione degli avvocati difensori, i pm hanno fornito nuovi atti probatori, in riferimento al materiale sequestrato dalla digos durante le perquisizioni dei mesi precedenti, riconducibili ai soggetti interessati. Questa operazione viene immediatamente contestata dalla difesa, per difetto di procedura, poiché tutto il materiale probatorio deve essere consegnato prima della discussione in aula dell'udienza preliminare. Il gup Edmondo Pio, di fronte a tale obiezione, non ha potuto far altro che appoggiare la richiesta della difesa, rigettando il nuovo materiale fornito dai pm.

Terminata l'udienza preliminare gli imputati hanno voluto leggere un documento scritto e redatto collettivamente dai 46 imputati, di cui riportiamo il testo:
Noi, imputati Notav inquisiti in questo procedimento protestiamo contro la permanenza di misure cautelari che vedono tre di noi comparire ancora in stato di detenzione carceraria durante le udienze preliminari.
Ad un anno di distanza dai fatti contestati, dopo sei mesi dall'arresto, riteniamo un accanimento punitivo il mantenimento di queste misure nei confronti di tre imputati che, per posizione personale e per reati contestati, non sono diversi dagli altri a piede libero.
La loro permanenza in carcere riveste solo una funzione di immagine a fini puramente mediatici per rafforzare le tesi della procura torinese.
Lo stesso discorso vale anche per gli altri tre imputati ancora agli arresti domiciliari.
Noi tutti siamo parte di un grande movimento collettivo che si batte contro un'opera inutile, devastante e nociva per un intero territorio e la comunità che lo abita.
 
Si parte e si torna insieme!

pc 14 luglio - lo stato attua vendetta, rappresaglia, ostaggio e sequestro, ingiustizia verso i manifestanti G8

Per 10 manifestanti 90 anni di galera: Ines Morasca (sei anni e sei mesi, Alberto Funaro (dieci anni), Vincenzo Vecchi (13 anni), Marina Cugnaschi (12 anni e tre mesi), Francesco Puglisi (15 anni). Per gli ultimi tre ci sarà uno sconto di pena compreso tra i nove e i dodici mesi per l'annullamento della condanna per detenzione di molotov. Invece restano liberi - in attesa del nuovo processo per sola la riponderazione dell'attenuante e per il momento con il 'bagaglio' delle condanne di appello - Carlo Arculeo (otto anni), Antonino Valguarnera (otto anni), Luca Finotti (dieci anni e nove mesi), Carlo Cuccomarino (otto anni) e Dario Ursino (sette anni).

Colpevolezza confermata dalla Cassazione per i dieci manifestanti a giudizio che così diventano un capro espiatorio utile per condannare un intero movimento di protesta. Ma condanne più lievi.
Anche se di poco. Giusto quanto basta affinché la maggior parte dell'opinione pubblica possa essere convinta del fatto che lo Stato non ha avuto la mano pesante solo con chi protestava e leggera invece con i dirigenti di Polizia che abusarono del loro potere e della loro divisa.
Condanne confermate quindi ma leggermente più lievi per alcuni dei dieci imputati per i reati di devastazione e saccheggio in merito agli scontri durante le manifestazioni contro il G8 di Genova del 2001. Così ha deciso la Prima Sezione Penale della Cassazione, che ha confermato in toto, invece, la condanna d'appello per due imputati. Tutti, però, sono stati comunque riconosciuti responsabili del reato di devastazione e saccheggio, reato tutto politico come ha dimostrato la lunga e articolata disamina, questa mattina, da parte della pubblica accusa rappresentata da Pietro Gaeta. Un reato politico per una sentenza politica che sembra studiata a tavolino nei minimi particolari per poter dire che lo Stato ha punito i dirigenti delle forze dell'ordine responsabili di diritti efferati contro i manifestanti, in particolare per i fatti della Diaz e di Bolzaneto, ma al tempo stesso anche i manifestanti 'violenti' accusati di aver messo Genova a ferro e fuoco.
Peccato che mentre i poliziotti e i dirigenti condannati il 5 luglio non faranno un giorno di carcere tutti i dieci manifestanti ora dovranno scontare una pena in condizioni di privazione assoluta della libertà. Cinque di loro dovranno andare subito dietro le sbarre.
Pesanti condanne - la più alta a ben 14 anni di reclusione - inflitte a dieci persone per aver, forse - perchè le testimonianze e le prove sulle responsabilità materiali di ognuno dei condannati sono assai labili e lacunose - spaccato una vetrina o bruciato un cassonetto o lanciato un sasso.
Nel dettaglio, la prima sezione penale della Corte di Cassazione, dopo sole tre ore di camera di consiglio, ha infatti annullato con rinvio, limitatamente al diniego delle attenuanti, la sentenza della Corte d'Appello di Genova che aveva condannato Carlo Arculeo e Carlo Cuccomarino a otto anni di reclusione, Luca Finotti a dieci anni e nove mesi, Antonino Valguarnera a otto anni e Dario Ursino a sette anni. Per questi cinque imputati, i giudici d'appello genovesi dovranno riesaminare il caso esclusivamente per quanto riguarda la mancata concessione delle attenuanti. La Cassazione, inoltre, ha diminuito la pena inflitta a Luca Finotti, Marina Cugnaschi (dodici anni e tre mesi), Vincenzo Vecchi (tredici anni e tre mesi) e Francesco Puglisi (quindici anni), annullando senza necessità di rinvio la condanna esclusivamente per il reato di detenzione di bottiglie incendiarie, che ha ritenuto assorbito nel resto delle contestazioni. Per Puglisi, dunque, la pena è stata diminuita di un anno, per Finotti, Cugnaschi e Vecchi di nove mesi ciascuno. Confermate, invece, in toto le condanne inflitte ad Alberto Funaro (dieci anni di reclusione) e Ines Morasca (sei anni e sei mesi), i cui ricorsi sono stati rigettati.
La pubblica accusa di piazza Cavour rappresentata da Piero Gaeta aveva chiesto, invece, di confermare completamente la sentenza di secondo grado. e Ines Morasca (sei anni e sei mesi), i cui ricorsi sono stati rigettati.
Alle 20 alcune reti e organizzazioni della sinistra si sono date appuntamento a Roma, in Piazza Trilussa, nel quartiere di Trastevere, per commentare assieme la sentenza e decidere ulteriori iniziative di denuncia e di protesta.
Intanto cominciano ad arrivare le prime reazioni.
"Ingiustizia é fatta" ha detto l'avvocato Francesco Romeo, uno dei difensori degli imputati. "C'é una sproporzione abissale tra queste pene inflitte a persone che hanno danneggiato cose ed edifici e quelle inflitte a chi ha chiuso il percorso processuale senza dover pagare alcun prezzo alla giustizia per aver seviziato delle persone" ha aggiunto in riferimento alle lievi condanne inflitte ai dirigenti degli apparati di sicurezza dalla stessa Cassazione lo scorso 5 luglio.
''Ho sempre sostenuto che le condanne comminate in appello per quei 10 ragazzi erano aberranti'' ha invece detto a caldo Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il ragazzo ucciso dalle forze dell'ordine a Genova proprio durante il G8 del 2001. ''Hanno caricato su un manipolo di ragazzi la responsabilità totale di quello che successe allora - ha aggiunto Giuliani - e il computo delle pene fu addirittura più alto di quelle comminate per i massacri della caserma Diaz. La cosa che mi preoccupa é l'accusa di devastazione: una norma del codice Rocco recuperato in uun'aula di tribunale dell'Italia democratica per giustificare una cosa assurda''.
da contropiano

Genova G8: Cassazione, ingiustizia è fatta

Ore 19.45, la sentenza viene letta in Cassazione. Ci vogliono alcuni minuti perché le posizioni sono diverse per i dieci manifestanti condannati per devastazione e saccheggio. Alla fine, queste le prime notizie, ci sono cinque manifestanti che si sono visti annullare la condanna con rinvio al processo di appello, tre ricalcoli di pena e due conferme della condanna ma il dato che non varia, al di là delle posizioni personali e soggettive – importantissime – è il dato politico. Come si fa ad arrivare undici anni dopo un terzo grado di giudizio per dieci manifestanti che sono accusati per azioni contro cose, mentre la sentenza per le sevizie e le torture nel caso Diaz ha visto condanne, ma senza carcere?
L’Avvocato Romeo a Radio Popolare: “Cinque persone da oggi entrano in carcere e altre cinque affronteranno un nuovo processo. La Cassazione ha confermato l’impianto della Coprte d’Appello. Per noi difensori ingiustizia è fatta. Il prezzo dei cittadini condannati è enorme, per azioni che sono state commesse su cose e non verso persone”.
Un verdetto che non modifica il primo e il secondo grado. Il reato fu inserito ai tempi dl fascismo, ma è quanto di più utile per la repressione contemporanea, che non riguarda solo i fatti di Genova undici anni fa, ma anche tutte le occasioni in cui si esprime il dissenso, anche in forma non pacifica, ma comunque contro cose e non persone.
Con la sentenza della Cassazione ci sono persone che sconteranno fino a quindici anni di carcere. Con buona pace per chi non solo se l’è cavata con una sospensione di qualche anno, grazie alle coperture guadagnate con la divisa. Il paragone con la sentenza per la Diaz è inevitabile. Quale devastazione e saccheggio si chiedeva ieri in una lettera appello Enrica Bartesaghi, presidentessa del Comitato Verità e Giustizia per Genova, che abbiamo pubblicato in questo stesso articolo.
Davanti alle immagini delle persone pestate, in ospedale, a Bolzaneto, dentro la scuola, vessate, torturate, oggi è svelato il grado di giustizia di cui si è capaci nelle aule di giustizia. Per non parlare della politica, che in undici anni non è stata solo assente, ma colpevolmente responsabile.
da eilmensile
http://www.eilmensile.it/
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pc 14 luglio - il nuovo padrone della OMSA sfruttatore di manod'opera cinese

Sfruttava manodopera cinese, condannato il nuovo proprietario dell’Omsa
Secondo l'accusa i lavoratori venivano sottoposti a turni di 18-20 ore al giorno senza sicurezza né tutele. Il tutto arriva mentre per l'exstabilimento di Faenza ancora molti aspetti sono in alto mare.
È stato condannato in primo grado Franco Tartagni, presidente della Atl Group di Forlì, che poi sarebbe il nuovo proprietario dell’Omsa. La“sentenza storica”, come l’hanno definita Elena Ciocca e Manuela Amadori, le piccole imprenditrici che denunciarono gli illeciti, è stata emessa dal giudice Giorgio Di Giorgio nei confronti di 4 imprenditori cinesi e 4 italiani, implicati nell’inchiesta sulla Divanopoli forlivese.
Nella lista dei condannati italiani, 1 anno a testa, spicca oltre a Silvano Billi, Luciano Garoia ed Ezio Petrini (delle ditte Polaris e Cosmosalotto) il nome di Tartagni, titolare della Tre Erre, un grande mobilificio
confluito nella Atl Group che ha recentemente acquisito il sito produttivo dell’Omsa di Faenza.
L’indagine degli inquirenti prese il via nel 2009 e iniziò a far luce su diverse irregolarità compiute ai danni di piccoli imprenditori contoterzisti, i cui diritti venivano violati, favorendo la manodopera cinese a basso costo, per abbattere i costi di produzione dei mobili.
È l’ennesima doccia fredda per le 140 ex operaie dell’Omsa che in questi mesi sono impegnate in un periodo di formazione professionale con la Atl Group. L’azienda con l’aiuto delle istituzioni (dal Ministero dello sviluppo economico, alla Regione Emilia Romagna, al Comune di Faenza) ha potuto
rilevare i due grandi capannoni di via Pana, appartenuti per decenni alla multinazionale Golden Lady. Ora che le donne dell’Omsa iniziavano cautamente a tirare il fiato si sentono finite dalla padella alla brace: il fatto che l’azienda sia stata comprata da un condannato è tutto meno che un buon biglietto da
visita.
“Secondo me questa è una sentenza importantissima, dal punto di vista del diritto – ha commentato il pubblico ministero Fabio Di Vizio che da tre anni segue la vicenda. Lo è per la tutela della garanzie dei lavoratori. Il profilo etico-sociale è importante, ma qui oggi ha vinto il diritto”.
La condanna è arrivata in seguito all’accertamento di una strutturale violazione delle norme della sicurezza sul lavoro. Nell’intesa criminale tra imprenditori forlivesi e cinesi l’imperativo categorico era abbattere i
costi di produzione, bypassando le disposizioni più elementari sui diritti degli operai in fabbrica: ciò significa turni di lavoro da Inghilterra del ‘700: gli operai, perlopiù cinesi, erano costretti a lavorare per 18-20 ore,
in ambienti spesso inadeguati, senza servizi igienici, né tutele di alcun tipo. La pausa pranzo ovviamente era un optional.
Tra le condanne comminate ai cinesi quelle di 2 artigiani: un anno e nove mesi per loro. Altri 2 se la sono cavata con un anno e mezzo e 9 mesi. I quattro uomini sono stati riconosciuti colpevoli di rimozione e omissionedolosa delle cautele atte a prevenire infortuni sul lavoro.
Il giudice Di Giorgio ha disposto anche, per i soli imputati forlivesi, che rifondano le spese legali: 1800 euro per ciascuna delle parti civili costituitesi a processo: si tratta dei Comuni di Forlì, Bertinoro e
Castrocaro e della Camera di Commercio. Il valore economico del danno da loro subito verrà stabilito in un secondo tempo dal giudice di parte civile.
“Per noi questa sentenza è la vittoria più importante” dichiarano le imprenditrici Ciocca e Amadori, due donne che hanno aperto gli occhi a un’intera città, costringendola a guardare. “Ci serve a dare uno schiaffo a chi non ci ha creduto e si è permesso di dire che davamo la caccia alla streghe”.

pc 14 luglio - PD partito della TAV


Il nostro partito è drogato dal problema Tav , non pensa ad altro”, dice Sandro Plano, presidente della Comunità montana Valsusa e Valsangone, “in funzione di questo stanno facendo i patti con il diavolo per portare avanti questa linea”. Questo è il commento alle espulsioni che il Pd ha fatto ai danni di 4 amministratori locali del comune di Avigliana. La loro colpa sarebbe stata quella di non aver sostenuto la lista civica scelta dai democratici e capitanata da Aristide Sada, che raccoglieva attorno a se anche uomini dell’Udc, dei socialisti e del Pdl. Il punto cruciale, come sempre in Valsusa, è il Tav. L’amministrazione uscente, legata al Pd, si era sempre opposta all’opera, mentre Sada si era presentato con un programma a favore del treno. Angelo Patrizio, appoggiato da Carla Mattioli, ex sindaco, da una coalizione di centro-sinistra e dal Movimento 5 Stelle, vince l’elezioni e si qualifica subito come NoTav, consegnando l’assessorato all’ambiente alla Mattioli. Passa qualche settimana e la reazione dei vertici democratici non si fa attendere: quattro espulsioni fra le quali la stessa Mattioli  di Cosimo Caridi
12 luglio 2012

pc 14 luglio - record di morti sul lavoro nelle prime due settimane di giugno

Savona
Di nuovo un morto sul lavoro. L'ennesimo, che quasi si fatica a tenere il conto.
Stavolta a Loano, un cantiere edile. L'uomo è caduto dalle impalcature del cantiere che si sta occupando della costruzione della nuova zona residenziale che prenderà il posto della nota ex discoteca i "Pozzi". Inutili i tentativi di rianimazione dei soccorritori del 118, che ricevuta la richiesta d'intervento alle 8.15 si sono precipitati sul posto, ma dopo un volo di sette piani rimane ben poco da fare.
I soccorritori dicono che il 43enne, originario di Bergamo, è morto sul colpo, forse a significare che "non ha sofferto".
Un bel "chissenefrega" viene quasi spontaneo vista la tragedia. Gli operai muoiono mentre i padroni si arricchiscono sulla loro pelle, ricattando, risparmiando sulla sicurezza, facendo fare continui straordinari, doppi turni. 


Record di morti sul lavoro nelle prime due settimane di giugno
Sono 37 i lavoratori morti nelle prime due settimane di giugno. Più della metà delle 71 vittime registrate nei 31 giorni di maggio, già record negativo mensile degli ultimi tre anni. Il 50 per cento dei decessi si e’ verificato in agricoltura. Un terzo delle vittime aveva piu’ di sessant’anni, cosi’ l’esperienza talvolta non aiuta, ma abbassa i livelli di guardia. E in pensione si va sempre più tardi
Prosegue drammaticamente in Italia il bollettino delle morti bianche. In poco più di due settimane (dall’1 al 17 giugno) hanno perso la vita 37 lavoratori. Più della metà delle 71 vittime registrate nei 31 giorni di maggio, già record negativo mensile degli ultimi tre anni.
A renderlo noto è l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, che si occupa di monitorare quotidianamente l’emergenza degli infortuni mortali nei luoghi di lavoro.
E il massacro è continuato in queste ultime due settimane soprattutto in agricoltura con 18 decessi. Praticamente la metà delle vittime del lavoro è deceduta nei campi.
Sette invece sono i morti registrati nel settore delle costruzioni. E intanto il bilancio annuale delle morti bianche arriva a contare 245 decessi (erano 208 a fine maggio).
Sono risultati davvero sconfortanti quelli rilevati nelle ultime settimane – commenta Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Vega Engineering – Dovrebbero condurre ad una concreta riflessione gli amministratori del nostro Paese inducendo ad una più severa vigilanza del rispetto delle norme in tema di sicurezza”.
Altro dato significativo nell’istantanea scattata dall’Osservatorio Vega Engineering è quello relativo alle fasce d’età maggiormente colpite dall’emergenza. Si scopre, quindi, che i lavoratori ultrasessantenni sono oltre un terzo del totale delle vittime delle prime due settimane di giugno. Come a dire che l’esperienza, purtroppo, talvolta non serve ad esorcizzare la morte.
Accade che proprio in virtù di una lunga esperienza – precisa Rossato – il lavoratore spesso sottovaluti i rischi a cui è costantemente esposto. Per questo una sensibilizzazione diffusa e continua sul fronte della sicurezza deve essere prioritaria in tutti i settori”.
 
 

venerdì 13 luglio 2012

pc 13 Luglio- Verso la fondazione del Partito Comunista Maoista in Galizia (Stato Spagnolo)



Compagni:
Frutto del lavoro sviluppato dal nostro comitato dal 2006 (anno della sua fondazione), due dibattiti pianificati sull’ analisi della nostra realtá e sulla lotta delle due linee a livello del Movimento Comunista internazionale, in cui il Comitato di Lotta popolare “Manolo Bello” è stato parte attiva, e vista l’ incorporazione di nuove e nuovi compagni, abbiamo preso le seguenti decisioni:

1. Costituire il Comitato di Costruzione del Partito Comunista maoista-Galizia, organizzazione, ad un nuovo e superiore livello di lavoro, per fornire al proletariato della Galizia e alla sua avanguardia, gli strumenti necessari per portare avanti in maniera vittoriosa, la rivoluzione socialista.
2. Al momento risulta sciolto il CLP “Manolo Bello”. Rendendo omaggio al compagno Manolo Bello Parga, guerrigliero comunista del Gruppo Mariña, il cui nome portiamo con orgoglio, scegliamo la data dell’11 luglio, nel 66esmio anniversario del suo assassinio nel carcere di La Coruña, come giorno per concludere il nostro lavoro come CLP.
3. Il portale digitale Lotta Popolare smetterá di essere pubblicato, lasciando lo studio della sua pubblicazione come giornale comunista indipendente.

Saluti Rossi,
Comité de Loita Popular “Manolo Bello”
Galizia 11 Luglio 2012





pc 13 luglio - La Fiom scherza con il fuoco... su Federmeccanica e contratto dei metalmeccanici

In un comunicato del 10 luglio scorso sulle decisioni prese da Federmeccanica a proposito del rinnovo del Contratto nazionale dei metalmeccanici la Fiom critica il fatto che in quelle che chiama “linee guida” la Federmeccanica asserisce, e la Fiom lo sottolinea, che “Il Contratto nazionale dei metalmeccanici non deve essere rinnovato a tutti i costi ma solo se risponde positivamente alle necessità delle imprese”.
Che i padroni dicano questo non ci sarebbe da meravigliarsi o da sottolineare se non fosse perché la Fiom continua a descrivere la realtà, e quindi a vederla e a farla vedere, come se fosse ferma a diversi anni fa, come se invece il fascismo padronale introdotto da Marchionne non avesse fatto appunto scuola e cambiato i rapporti di forza nel paese tra classe operaia e padroni.

Cercando di scaricare tutte le responsabilità dell’attuale situazione sugli altri la stessa Fiom sempre nel documento è costretta a scrivere alla fine che “Federmeccanica… si assumerà la responsabilità di cancellare l’esistenza del Contratto nazionale e anche Fim e Uilm dovranno riflettere sul fatto che in realtà questa porta a cancellare il Contratto nazionale e estendere il modello Fiat in tutte le aziende metalmeccaniche”!!!

Per spiegare ulteriormente in che modo la piattaforma contrattuale della Federmeccanica è negativa la Fiom elenca i punti (che si possono leggere nel loro documento riportato sotto) che in effetti se dovessero passare significano una vera e propria cancellazione di molti diritti acquisiti in passato con un ulteriore peggioramento generale della condizione degli operai dal punto di vista contrattuale.

Per “contrastare” tutto questo la Fiom riprendendo la proposta della Federmeccanica che vuole una legge che certificando la rappresentatività renda il contratto nazionale obbligatorio per tutti gli operai, scrive nel documento che “ritiene prioritaria l'applicazione tra i metalmeccanici dell'Accordo interconfederale del 28 giugno sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria”!!!

Che posizione assurda oltre che ridicola!
Assurda perché con quell’accordo nella sostanza la Cgil cede proprio sulla contrattazione nazionale, che rimane a parole una “priorità” mentre non si fa altro che mettere l’accento sulla contrattazione di secondo livello e poi si afferma, cosa gravissima che ha dato il via alla ulteriore arroganza di padroni e Cisl/Uil, che si può derogare proprio al contratto nazionale se il padrone ha esigenze particolari…
Ridicola perché la Cisl e la Uil continuano a presentare piattaforme separate, continuano ad accusare la Fiom di essere un sindacato conflittuale, in piena coerenza con il loro essere sindacati di governo!

In questo senso anche il titolo del volantino che finisce con un interrogativo che non è per niente ironico o retorico continua a seminare l’illusione tra gli operai su un possibile cambiamento di posizione dei padroni (possibile solo con una lotta coerente lunga e durissima).

La Fiom continua a scherzare con il fuoco perché mentre i padroni rafforzandosi provano ad imporre ad ogni passo i nuovi rapporti di forza, evita di affrontare di petto le questioni non solo non chiamandole con il loro nome ma continuando a mettere in primo piano le vertenze legali e soprattutto non mobilitando sul serio gli operai.
Chi grida costantemente alla “difesa delle libertà sindacali”, la “democrazia nei luoghi di lavoro”, il “diritto a contrattare salario” ecc. ecc. e non mette la necessaria forza in campo per conquistarle realmente fa la stessa fine di chi grida “al lupo al lupo”.

***
DOPO LA FIAT, ANCHE FEDERMECCANICA VUOLE SUPERARE IL CCNL?

Nella propria assemblea annuale a Bergamo Federmeccanica ha varato le «linee guida» per il rinnovo del Ccnl e ha affermato, senza mezzi termini, che il Contratto nazionale dei metalmeccanici non deve essere rinnovato a tutti i costi ma solo se risponde positivamente alle necessità delle imprese. Dalle linee guida di Federmeccanica emergono i seguenti punti:
il salario flessibile che cancella la certezza dei minimi contrattuali; saranno le imprese e le loro condizioni produttive e di mercato a stabilire se in azienda verrà erogato o meno il minimo salariale stabilito nel Ccnl;
la cancellazione di tutti gli automatismi salariali definiti a partire, come hanno dichiarato, dagli scatti di anzianità; ma gli automatismi interessano anche i passaggi di categoria, i passaggi temporanei di mansioni, le trasferte ecc.;
cancellare il diritto al pagamento dei primi tre giorni di malattia e legare il salario alla presenza;
l'aumento dell'orario di lavoro individuale, dei turni, dei giorni lavorativi attraverso la massima flessibilità degli orari individuali e collettivi e il massimo utilizzo degli impianti (24 ore al giorno per 7 giorni);
la piena esigibilità della flessibilità di orario attraverso la cancellazione del ruolo negoziale della Rsu nella definizione degli orari di lavoro in fabbrica; rendere obbligatorio, senza contrattazione in fabbrica, lo straordinario anche al sabato e fino a 200/250 ore all'anno;
rendere ancora più semplice la possibilità di derogare alle leggi e al Ccnl, recepire nel testo del Contratto le recenti modifiche legislative che hanno peggiorato pensioni, ammortizzatori sociali e lavoro precario, rendere la contrattazione aziendale sempre più alternativa al Contratto nazionale.

Federmeccanica affronta anche il problema che oggi, senza una legge, il Ccnl non ha validità erga omnes e riconosce che, per superare le divisioni in atto tra i metalmeccanici, è essenziale dare attuazione all'Accordo interconfederale del 28 giugno 2011.
Federmeccanica afferma che il primo passo per dare qualità alle relazioni industriali consiste nel definire la effettiva rappresentatività dei soggetti negoziali perché giova alla democrazia sindacale e porta maggiore certezza nella contrattazione collettiva.
Su questo punto la Fiom ritiene prioritaria l'applicazione tra i metalmeccanici dell'Accordo interconfederale del 28 giugno sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.

La condizione necessaria per evitare la pratica degli accordi separati e riconquistare un contratto nazionale di tutti i lavoratori metalmeccanici è la definizione di procedure per la certificazione della rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni sindacali e di regole democratiche per la validazione di piattaforme e accordi attraverso il voto referendario di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori.
All'avvio della trattativa, a cui saremo presenti, se Federmeccanica presenterà ufficialmente la sua “piattaforma” si assumerà la responsabilità di cancellare l'esistenza del Contratto nazionale e anche Fim e Uilm dovranno riflettere sul fatto che in realtà questa strada porta a cancellare il Contratto nazionale e a estendere il modello Fiat in tutte le aziende metalmeccaniche.

Per difendere le libertà sindacali e la democrazia nei luoghi di lavoro, il diritto a contrattare salario, orario e condizioni di lavoro per impedire i licenziamenti e contrastare la precarietà
RICONQUISTIAMO UN VERO CONTRATTO NAZIONALE DI TUTTE LE LAVORATRICI E DI TUTTI I LAVORATORI

Roma, 10 luglio 2012
www.fiom.cgil.it

pc 13 luglio - perchè torna Berlusconi..e chi lo riporta a galla nella valutazione di proletari comunisti del 24 giugno scorso


Il Vertice europeo tenutosi a Roma ha rappresentato un davvero pallido tentativo di unità nell'intervento nella crisi onde evitare che si aggravi. Il segnale politico venuto dalle elezioni greche, insieme ai precedenti segnali venuti dalle elezioni spagnole e francesi  mostrano che, sia pur con qualche contraddizione, i governi nazionali restano allineati alla soluzione tedesca della crisi e le pressioni sulla Merkel non cambiano la sostanza del problema, la palla ritorna sempre e comunque ai governi nazionali che cercano di gestire le soluzioni nazionali scaricando la crisi sugli operai e le masse popolari, sui lavoratori del Pubblico Impiego e sullo Stato sociale.

Anche la politica di Hollande potrà cambiare le forme ma non la sostanza dei problemi.
Comunque le aperture dell'ultimo Vertice verso ulteriori fondi da immettere nel circuito e l'accenno alla Tobin tax servono a rafforzare l'unità e l'immagine di questi Vertici per consentire ai vari governi di contenere la crisi di consenso.E' sulla crisi di consenso che ora fondamentalmente si lavora.
Le borghesie imperialiste europee  fronteggiano un problema interno. Quello rappresentato dall'estrema destra sia esplicita, Le Pen, Alba dorata greca che implicita, molto più pericolosa, interna alle attuali maggioranze e che nell'accentuarsi della crisi e delle contraddizioni verrà ancora più allo scoperto in ognuno dei paesi, nelle forme adatte. Nel nostro paese questa estrema destra si chiama e continua a chiamarsi Silvio Berlusconi, che lungi da essere un cane morto come si sono affrettati a dichiarare tutti, è lì a sostenere il governo tecnico, come la corda sostiene l'impiccato.
La dittatura dei tecnici fa leva sulle contraddizioni nella maggioranza governativa per marciare decisa nelle riforme richieste dalla borghesia e nella loro estensione in tutti i campi della società – vedi articolo sull'ultimo numero di giugno di proletari comunisti - ma chiaramente accentuandosi con questo agire la crisi di consenso verso le masse popolari e divenendo il PD di Bersani il suo principale puntello, apre la strada al riemergere dell'estrema destra berlusconiana come soluzione. Berlusconi da causa vuole trasformarsi in soluzione. E in questo filone confluiscono, che lo vogliano o no, l'antipolitica e il grillismo.
 Monti e PD stendono un tappeto dorato a questa situazione.
Questi  movimenti interni alla borghesia hanno nei confronti delle masse popolari un solo e unico sbocco: moderno fascismo come sistema di trasformazione dello Stato, fascismo padronale e neo corporativismo, Stato di polizia per contenere e reprimere le lotte proletarie, i movimenti di opposizione.
La mancata assunzione della categoria del moderno fascismo come fenomeno globale, dalla fabbrica allo Stato, dallo Stato alla fabbrica, dal sociale al politico e dal politico al sociale, è l'elemento debole delle forze che sono effettivamente all'opposizione della borghesia, del suo Stato e dei suoi governi, così pure del sindacalismo di base e di classe e dei movimenti. La visione di quest'insieme di forze dell'attuale stato della situazione risulta complessivamente edulcorata e l'orizzonte resta complessivamente riformista e socialdemocratico, anche quando la denuncia è forte, la lotta è vera e gli obiettivi dichiarati più radicali.
Per i comunisti conseguenti e le avanguardie proletarie coscienti non si tratta certo di giudicare e stare a guardare, ma di agire con determinazione su tutti i piani, ideologico, teorico, politico, culturale, organizzativo, ponendosi alla testa e non alla coda delle lotte e dei conflitti comunque in corso in tutti i campi, per costruire con spirito critico e senso pratico gli strumenti necessari all'obiettivo della guerra di classe e della 'nuova Resistenza' per il potere proletario.
Questa linea vale per la costruzione del Partito, per lo sviluppo del Fronte Unito, per l'organizzazione della Forza combattente.
Proletari comunisti / PCm – Italia. 
24 giugno 

pc 13 luglio - proletari comunisti ripropone la sua analisi e valutazione alla base dell'azione concreta e necessaria


Il Vertice europeo tenutosi a fine giugno, salutato come una vittoria di Italia e Spagna sostenuti dalla Francia e come una sconfitta parziale della Merkel, non può ancora essere considerato un passaggio concreto e importante dei governi europei per fronteggiare in condizioni di maggiore unità la crisi finanziaria che li attraversa. Esso va visto da diversi lati.
Il rapporto tra i diversi paesi europei; il rapporto all'interno dei paesi europei; il quadro generale del rapporto tra governi, proletari e masse popolari in Europa.
Il rapporto tra i diversi paesi europei.
E' chiaro che con la caduta di Sarkozy si è temporaneamente indebolito l'asse franco-tedesco che finora era stato un punto di forza soprattutto per il governo tedesco che tramite questo asse aveva imposto la sua politica. Il cosiddetto “Merkozy” non è riconvertibile a breve in un “Merkhollande”. Questo ha incoraggiato nel Vertice l'azione dei governi italiano e spagnolo nel pretendere un maggiore e meno oneroso sostegno come contropartita alle politiche di rigore che essi stanno sviluppando. In questo senso, effettivamente, i governi spagnolo e italiano hanno ottenuto un risultato sulla carta che è concentrato nei punti del 'meccanismo salva spread' e nel 'Fondo salva Stati', vale a dire un intervento vicino all'automatismo nell'utilizzo e l'accesso a questo Fondo per fronteggiare la speculazione e ricapitalizzare il sostegno al sistema bancario ogni volta che esso fosse in grave difficoltà. Se questo però sarà effettivamente attuato sarà da vedere, perchè nell'accordo le parole “in modo flessibili ed efficace” si prestano ad interpretazioni in cui il bastone di comando è ancora essenzialmente nelle mani della Germania.
Il Vertice ha prodotto anche un'apertura verso gli Eurobond nella forma definita di projetbond che dovrebbero servire a finanziare lavori infrastrutturali, sostanzialmente un piano di crescita fondato quasi esclusivamente su questa voce. Su questo ha pesato il parziale cambiamento di politica del governo Hollande, più vicino all'impostazione Eurobond rispetto al governo Sarkozy. In questo senso la Merkel ha dovuto fare dei passi indietro rispetto ad affermazioni rigide delle settimane scorse. Questo si è riflesso subito sul piano interno in Germania nei movimenti interni al parlamento. Alcuni deputati della maggioranza Merkel si sono dissociati, rimpiazzati da parlamentari dell'opposizione Spd che sostengono la politica approvata dalla Merkel al Vertice. Queste modifiche nei rapporti tra governi è troppo presto per vedere se riflettono dei cambiamenti politici reali.
Il rapporto all'interno dei paesi europei.
All'interno di questi paesi i governo italiano, spagnolo e il nuovo francese hanno segnato un punto a favore nel compattamento delle loro maggioranze parlamentari e anche del loro legame di sistema interno, padroni, banche, ecc., mentre abbiamo già detto che il governo tedesco attraversa ora una fase di minore compattamento interno.
L'Europa nel suo insieme trae un vantaggio da questo passaggio nella contesa generale internazionale perchè dà un segno di maggiore unità interna . Se questo costituisca un segnale verso una maggiore integrazione e unità come blocco è ancora troppo presto per valutarlo.
Il quadro generale del rapporto tra governi, proletari e masse popolari in Europa.
Sotto questo punto di vista il Vertice ha segnato una vittoria della borghesia e un fatto molto negativo per i proletari e le masse popolari.
Come considerazione generale vale quella da noi sostenuta da sempre: nella crisi la borghesia scarica sui proletari e le masse popolari gli effetti di essa per salvaguardare sistema e profitti e i proletari sono vittime sacrificali sull'altare della salvaguardia e ripresa dei profitti. Ogni passo che va in questa direzione indebolisce i proletari e rafforza la borghesia. I proletari non hanno alcun interesse all'uscita della crisi da parte della borghesia, bensì al suo approfondimento perchè l'unica uscita dalla crisi che sia a vantaggio dei proletari è quella che comporta il rovesciamento della borghesia e l'uscita dal capitalismo.
Il Vertice conferma in pieno questa visione. I governi italiano e spagnolo hanno potuto contare sulla forza che gli è venuta dall'essere riusciti a realizzare all'interno quelle cosiddette “riforme” che attaccano a fondo i proletari e le masse popolari.
In Spagna l'unica controtendenza che è emersa nella realtà attuale è la grande lotta dei minatori delle Asturie, che fronteggiano con una forte resistenza Stato, padroni e governo in un quadro di scontro sociale dal quale sono spariti gli “indignados” e le cosiddette forze di opposizione di sinistra – non va considerata parte di queste, il partito socialista dell'ex Zapatero che ha passato facilmente la mano al nuovo governo perchè ne condivide la politica e gli interessi dei fondo.
In Italia la situazione è ancora peggio che in Spagna. Monti è risultato il vincitore morale e pratico di questo Vertice e il suo peso è dovuto dall'essere riuscito a far passare manovre economiche antioperaie e antipopolari, la strategica riforma delle pensioni e la ancora più strategica riforma del lavoro e attacco all'art. 18. Monti diventa un gigante in Europa grazie al blocco sociale che lo sostiene di padroni, partiti parlamentari e sindacati confederali e grazie alla mancanza di resistenza e rivolta sociale da parte degli operai e delle masse popolari. La vittoria di Monti e dell'Italia al Vertice è la certificazione attuale della sconfitta dell'Italia proletaria che paga, essa sì, con lacrime e sangue il costo della crisi, opponendo ad essa una troppo debole resistenza.
Il passaggio di governo da Berlusconi a Monti è stato salutare per la borghesia e ha ricollocato l'attuale governo dei padroni al Tavolo dei grandi d'Europa con ruolo attivo, mentre è stato tutto il contrario per i proletari e le masse popolari. Al decadimento umano, politico e morale di Berlusconi e del suo governo che hanno manifestato il massimo momento di debolezza per la borghesia nel suo insieme, ha fatto posto un governo forte con le mani libere che ha tradotto in pratica finora il moderno fascismo come dittatura dei tecnici e ha fatto passare senza colpo ferire un'azione del governo che colpisce al cuore la condizione operaia e proletaria, le conquiste realizzate negli anni, e di cui l'art. 18 ne è giustamente un simbolo.
Ogni rafforzamento del governo nella crisi cammina solo sull'indebolimento del proletariato e nella sua mancanza di resistenza sociale e politica.
Il Vertice di Bruxelles incoraggia le borghesie europee ad andare avanti per le loro strade, comunque si chiamino i loro governi e comunque sia la maggioranza che li sostiene. Sono tutti sostanzialmente governi di unità nazionale cioè 'comitati d'affari' e apparati repressivi di Stato.
Il governo Monti incoraggiato dal Vertice prepara per i prossimi giorni una nuova devastante manovra che dietro la formula inglese dello “spending revew” cela i feroci tagli alla greca anche se noi non siamo nelle condizioni della Grecia.
Il nuovo attacco alla sanità, al Pubblico Impiego non sono attacchi settoriali ma un ulteriore anello della trasformazione reazionaria dello Stato e del rapporto Stato-spesa sociale, condizione di vita dei proletari e delle masse.
Se pure pezzi di questa denuncia vengono sviluppati da parte del movimento sindacale e parte della sinistra di opposizione, è il quadro d'insieme della situazione che viene negato, oscurato, annacquato, e di conseguenza, al di là delle parole, non combattuto realmente.
La riforma delle pensioni non doveva passare, la riforma del lavoro e l'attacco all'art. 18 non dovevano passare, la nuova riforma spending revew che si annuncia non deve passare; così come in fabbrica non doveva passare il piano Marchionne e il dilagare del fascismo padronale, né doveva passare l'utilizzo sistematico dello Stato di polizia, delle denunce, gli arresti, le multe, le persecuzioni che colpiscono quotidianamente chi si oppone, dai No Tav ai disoccupati di Taranto, dagli operai immigrati di Basiano ai movimenti sul territorio, per finire agli studenti, agli antifascisti.
Ma tutto questo è finora passato. Governo, padroni e Stato non hanno pagato alcun serio prezzo politico. Per questo la situazione, invece che migliorare, peggiora.
I livelli di coscienza degli operai e delle masse popolari non sono certo cresciuti.
Alcune lotte, lamenti, rabbia, indignazione, astensionismo elettorale testimoniano che un potenziale di lotte e ribellione certo esiste così come esiste una disponibilità dei proletari e delle masse a rispondere con la lotta, e anche con più della lotta, all'attacco frontale di cui sono vittime, ma pesa la mancanza di strumenti anche elementari per una risposta generale.
La mancanza di questi strumenti non dipende principalmente da condizioni oggettive, ma da condizioni soggettive e dalle forme organizzative che tuttora esistono nelle fila del proletariato e delle masse popolari: sindacati saldamente dalla parte del padrone, Cisl, Uil, e sindacati saldamente a difesa dello Stato e dell'interesse generale dei padroni, anche quando hanno contraddizioni con il governo o con singole scelte dei padroni.
Il ruolo della Cgil della Camusso nella marcia devastante dello scaricamento della crisi sui proletari è dannoso quanto e più dei sindacati apertamente dei padroni, perchè esso è volto ad una concertazione dall'esterno che fa da collante decisivo per far passare l'azione di padroni e governo.
Il ruolo ambiguo della Fiom di Landini, con un piede dentro e un piede fuori, resta un anello debole della resistenza operaia e della ripresa della lotta generale necessaria.
L'incomprensione delle forze dell'opposizione sindacale più radicale e dei movimenti della natura e delle forme con cui condurre questo scontro non contribuisce a costruire, nonostante gli sforzi, il punto forte della controffensiva. Non si comprende né si vuole comprendere che per misurarci con padroni, governo, Stato bisogna vincere la lotta tra le due linee e la “guerra civile” nella classe operaia, nei movimenti di massa contro le posizioni e le aggregazioni opportuniste e riformiste di cui sono parte i vari trasformismi della sinistra ex parlamentare, i Casarini, Bernocchi, ecc.
Non è e non deve essere l'unità la bandiera della lotta attuale, ma la lotta per un'unità basata sulla chiarezza della battaglia da fare e della partita in gioco. Serve l'unità dei comunisti ma per un partito autenticamente rivoluzionario in teoria e prassi, serve l'unità per un sindacato di classe e di massa ma andando oltre le forme attuali del sindacalismodi base e della anomalia FIOM, serve l'unità per un fronte unito proletario e popolare che metta la lotta e il combattimento al centro della sua azione.
Se dovessimo guardare all'esito del Vertice europeo, sul piano oggettivo non potremmo che essere fortemente ottimisti, le soluzioni economiche di questo Vertice non hanno futuro. Come qualcun giustamente segnala, sono soluzioni già avanzate negli Stati Uniti in condizioni che là possono naturalmente funzionare meglio ma che non stanno contenendo la crisi e ne preparano un nuovo sviluppo, sotto certi versi drammatico per l'economia mondiale. L'Europa segue la strada degli USA in condizioni nettamente peggiori e quindi le “storiche” misure approvate nell'ultimo Vertice si riveleranno anche a breve tutte “chiacchiere e distintivo”. Ma chiaramente questo ottimismo ci serve solo per affermare che ci sono tuttora, e in futuro possono crescere, le condizioni perchè i proletari e le masse popolari rispondano adeguatamente. Ogni segnale in questa direzione, qualunque sia il paese da cui provenga, deve essere visto come incitamento e indicazione – vedi l'attuale grande sciopero dei minatori Asturiani, ma anche lo sciopero degli studenti del Quebec, così come le centinaia di focolai presenti in tutti i paesi compreso il nostro.
Il governo Monti marciando lungo la sua strada semina vento e può raccogliere tempesta e ogni passo della sua marcia può essere sempre la 'scintilla che incendia la prateria'.

Proletari comunisti- PCm Italia
3 luglio 2012

pc 12 luglio - movimento NOTAV - ci attrezziamo per il futuro


top — 10 luglio 2012 22:55

LUN.16 H21 ASSEMBLEA POPOLARE AL CAMPEGGIO NOTAV

LUNEDI’ 16 LUGLIO H.21 AL CAMPEGGIO NOTAV DI CHIOMONTE
ASSEMBLEA POPOLARE
Invitiamo il popolo notav al campeggio resistente di Chiomonte per confrontarci sulle prossime iniziative, sull’estate in corso e sull’autunno.
CI ATTREZZIAMO  PER IL FUTURO

giovedì 12 luglio 2012

pc 12 luglio - scontri fino a notte a madrid , nelle cronache di 'el pais'

Cientos de personas se quedaron al final de la manifestación en la Puerta del Sol coreando lemas del 15-M como “lo llaman democracia y no lo es”. En esos instantes algunos manifestantes han encendido unas bengalas y, según la Delegación, han comenzado a tirar botellas y otros objetos a los agentes, que han cargado vaciando la plaza en segundos.
La tensión se ha trasladado a la zona de Preciados y Callao, donde jóvenes encapuchados han incendiado cinco pequeñas barricadas y un par de contenedores. Varios testigos critican que los policías han cargado de forma indiscriminada en varias ocasiones. Al mismo tiempo, un grupo de “antisistema”, según la Delegación, ha intentado acercarse a la zona del Congreso, de especial protección, y también se han registrado cargas. Igualmente, ha habido tensión entre agentes y manifestantes en la plaza de Tirso de Molina.

Varios testigos critican que los policías han cargado de forma indiscriminada
“He salido del teatro y me he encontrado a la Policía pegando a gente indefensa”, ha manifestado indignado Pedro Moraelde, director de una obra que se representa estos días en el Teatro Arlequín, al lado de la plaza del Callao. Asegura que ha visto a una chica de unos 15 años a la que estaba atendiendo el Samur “a la que le han roto un brazo” y ha tenido que proteger a otra, “a por la que venían, sin motivo”.
Tras dejar casi vacío el kilómetro cero, los agentes se han desplazado hacia Callao por Preciados, donde ardían varias barricadas, que han apagado con los extintores de las tiendas cercanas hasta que han llegado los bomberos. Los agentes han dispersado a la gente a porrazos, golpeando en ocasiones a viandantes que solo pasaban por la zona o permanecían a la espera de ver qué ocurría.
“He visto cómo los policías pegaban a un señor que iba en silla de ruedas y la gente intentaba protegerle”, ha explicado Dorothy Van Dyne, una estadounidense de 25 años que se aloja en un hostal de la zona. En las primeras cargas de Sol, aparte de los manifestantes había muchos transeúntes en la zona, entre ellos familias y extranjeros. “Levanta las manos y di que eres turista”, recomendaba un joven a una chica que ha comenzado a llorar por el nerviosismo cuando la gente huía de la Policía. “No me sorprende que carguen, es lo que suelen hacer para disolver las manifestaciones, lo que sí me llama la atención es que lo hayan hecho tan temprano”, comentaba un joven informático asturiano, enfundado en su bandera autonómica, que no ha querido dar su nombre.

Entre la plaza de Callao y la calle de Preciados ardían varias barricadas
Para Isaac González, informático madrileño, simplemente “ha llegado la hora de que cargaran”. González ha acudido con una camiseta de diseño similar al de la Selección de fútbol, pero con los colores de la bandera republicana, y asegura que “tras un intercambio de miradas” con algunos agentes, la Policía le ha pedido que se identificara en la Puerta del Sol y le ha advertido que irían a por él en las cargas. “Luego me he librado, pero han intentado acorralarnos entre Callao y Sol”.
La marcha previa: apoyo a los mineros y rabia por los recortes
La marcha, encabezada por cuatro mineros con sus cascos, comenzó a las 19.30 de la tarde. La formaban 5.000 manifestantes, según la Delegación del Gobierno, cifra que los convocantes elevan a 15.000. Protestaban también contra los recortes, con una indignación acrecentada por las nuevas medidas anunciadas hoy por el Gobierno. La protesta ha discurrido desde Atocha hasta Sol, rodeada en todo momento por cientos de policías antidisturbios. Los convocantes, un grupo de colectivos independientes, han explicado que querían dar la oportunidad de solidarizarse con los trabajadores de la mina a quienes no han podido estar esta mañana y han criticado las cargas policiales que se han producido en la misma y que han dejado ocho detenidos y 76 heridos leves.

La marcha previa a los disturbios, encabezada por mineros, reunió a unas 5.000 personas, según la Delegación
“Esto es una iniciativa de la plataforma Hay que pararles los pies, en la que participan sindicatos como Co.bas y otras organizaciones, como el PCPE o la Corriente Roja, pero también estuvimos anoche y esta mañana con ellos”, explica Antonio Rodríguez, miembro de Co.bas, con la voz que le queda tras desgañitarse durante casi tres horas con los lemas de la marcha. Los ya clásicos referidos a los trabajadores de la mina, como Madrid obrero apoya a los mineros –que podía leerse en la pancarta de la cabecera-, se han fundido con otros en contra de los recortes y llamando a la huelga general. “Si esto no se arregla, guerra, guerra y guerra” y “si esto no se apaña, caña, caña, caña” han sido dos de los más exitosos.
Segundo Menéndez, de 49 años y procedente de Cangas de Narcea (Asturias), ha sido uno de los mineros que han encabezado la protesta. “No he estado en la marcha negra, sino en las movilizaciones de Asturias, y ayer vinimos para sumarnos a las manifestaciones de aquí en Madrid. Mañana ya nos marchamos, porque los cuerpos están tocados”, comenta. Menéndez, sin embargo, se muestra preocupado por la complicada resolución del conflicto: “Creo que hay mucha rabia y la gente está esperando a que alguien dé el primer paso para hacer algo más”, advierte.
En la protesta se han visto varias banderas asturianas y de otras comunidades, así como muchas republicanas. En los carteles y pancartas, rechazo a los recortes y a los planes de rescate de los banqueros y no de los ciudadanos. También alguno crítico con la Policía –“sirvientes del amo”-, que ha recibido gritos en contra en numerosas ocasiones. De nuevo han vuelto a escucharse también lemas relacionados con la Selección Española de Fútbol, como esta sí que es nuestra selección o dinamita, oe, oe, oe, en sustitución de “campeones”.

Al final de la marcha, en Sol, dos trabajadores de Carabanchel han leído un comunicado de apoyo a los mineros y uno de ellos también se ha pronunciado para agradecer el apoyo recibido. El acto ha terminado con el himno minero en torno a las 21.45.
minera que ha recorrido Madrid en menos de 24 horas ha derivado en enfrentamientos con la policía. En torno a las diez de la noche, la policía ha empezado a cargar contra algunos centenares de manifestantes que se habían quedado en Sol al finalizar la marcha que comenzó a las siete y media de la tarde en Atocha y ha terminado en torno a las diez menos cuarto.

pc 12 luglio - L'EXPO VIRA VERSO IL SIONISMO. VERO MISTER PISAPIA?


Palazzo Marino un«caso» su Israele
Una nota ai consiglieri scatena la polemica
Il direttore delle relazioni internazionali chiede di modificare una mozione a favore di un calciatore palestinese
MILANO - C’è chi parla di «gravissima interferenza». Chi si domanda se «tanta prudenza verso Israele corrisponda alla posizione in politica estera del sindaco e della giunta». Il fatto oggettivo è che ai consiglieri comunali è stata recapitata una nota del direttore delle relazioni internazionali, Roberto Santaniello, che dispensa suggerimenti su come trattare temi delicati e nello specifico consiglia di rinviare il dibattito sulla mozione sottoscritta da una ventina di consiglieri per la liberazione del calciatore palestinese Mahmoud Sarsak, all’epoca — si legge nel documento di consiglio — «illegalmente detenuto in Israele». Proprio l’altro ieri il calciatore è stato liberato e la discussione in aula appare superata. Ma la polemica cresce.
LA NOTA SU ISRAELE - «La legislazione israeliana — sottolinea Santaniello — permette di sottoporre soggetti su cui versano sospetti di affiliazione a gruppi eversivi a un regime di carcerazione amministrativa. Pertanto risulta improprio usare i termini illegale e illegalmente nel testo della mozione». Nella nota si ricorda che Israele ha aderito a Expo e che il sindaco in settembre sarà in missione là. Anche la Palestina ha aderito ad Expo, ma questo Santaniello non lo dice. Anita Sonego, della Sinistra per Pisapia, prima firmataria della mozione, attacca: «È inaccettabile che un ufficio interferisca con una mozione d’aula». Giovedì la Sonego presenterà tutto in fotocopia al sindaco: «Voglio capire se era stato informato».
Rossella Verga 11 luglio 2012 | 23:43

pc 12 luglio - La grande manifestazione dei minatori nel centro di Madrid diventa una battaglia con la polizia


La grande manifestazione dei minatori nel centro di Madrid diventa una battaglia con la polizia. Pietre e petardi contro lacrimogeni e pallottole di gomma: decine di feriti e vari lavoratori arrestati.
A decine di migliaia avevano marciato nella seconda metà della mattinata sotto il sole implacabile di Madrid. Migliaia di minatori e familiari arrivati dalle Asturie, dal Leon, dall’Aragona e dalle province minerarie della Castiglia e dei Paesi Baschi. Ma anche migliaia di attivisti delle organizzazioni sindacali, di esponenti dei movimenti sociali, di giovani richiamati in piazza dall’arrivo nella capitale della ‘marcia nera’ che ieri aveva fatto il suo ingresso trionfale a Madrid accolta da una folla straripante ed entusiasta.
Partita alle 11 da Plaza Colon la manifestazione, minatori in testa, ha attraversato mezza Madrid in maniera relativamente tranquilla, anche se la tensione si tagliava con il coltello, raccontano i media iberici.
Nelle ultime ore l’esecutivo di destra aveva ribadito che non tornerà indietro rispetto al già deciso taglio dei due terzi dei sussidi pubblici finora erogati all’industria del carbone, condannando così a morte l’intero settore e migliaia di minatori alla disoccupazione. L'esecutivo Rajoy non aveva neanche previsto un incontro con i rappresentanti dei sindacati, negando ogni forma di dialogo, anche solo formale. Come se non bastasse nelle ultime ore è arrivato l’ok del governo ad una serie di tagli e nuove tasse che si abbatte come un terremoto su milioni di lavoratori, giovani e pensionati.
Man mano che il corteo si avvicinava alla sede del Ministero dell’Industria la tensione è andata aumentando. Fino a che sono scoppiati violenti scontri tra i minatori e alcuni gruppi di attivisti da una parte e centinaia di agenti in tenuta antisommossa dall’altra. La Polizia avrebbe giustificato l'intervento contro i manifestanti con la necessità di evitare che i minatori penetrassero all'interno del perimetro realizzato con le transenne intorno alla sede ministeriale.
Quando i cordoni della Policia Nacional si sono lanciati in violente cariche contro il corteo proprio all’altezza della sede governativa, i minatori invece di disperdersi hanno risposto lanciando sassi, bottiglie e petardi.
La polizia da parte sua ha fatto abbondante uso di gas lacrimogeni e ha sparato un numero spropositato di pallottole di gomma, spesso ad altezza d'uomo.
Gli scontri sono durati a lungo e mentre scriviamo il bilancio ancora provvisorio registra 43 feriti. Per lo più si tratta di tra manifestanti, di cui una bambina di soli 11 anni. Ma tra coloro che hanno dovuto far ricorso alle cure mediche ci sono anche due giornalisti, colpiti dalle pericolosissime pallottole di gomma sparate in maniera indiscriminata dai poliziotti. I minatori arrestati sarebbero finora otto.
Sia tra i feriti sia tra gli arrestati si registra un alto numero di donne. Anche 33 agenti della Policia Nacional hanno lamentato contusioni. Scontri si sono registrati anche a poche centinaia di metri di distanza: un altro gruppo di manifestanti, all'esterno dello stadio del Real Madrid (il Santiago Bernabeu), ha lanciato pietre e lattine contro gli agenti urlando "Via, via".

di marcosantopadre-contropiano


mineropelotazo

mercoledì 11 luglio 2012

pc 11 luglio - Ex Fiat Termini Imerese, Dr Motor con partner cinese e turco in visita allo stabilimento

qualche settimana fa era stato il gruppo Motom Electronics, che produce la Lambretta a fare una proposta per il rilevamento dello stabilimento e produrre “il modello della storica due ruote e il marchio Motom, oltre ad ospitare l’assemblaggio dei prodotti elettronici cinesi Akai per l’Italia” (dal gds) ed era stato confermato un incontro presso il ministero dello Sviluppo economico per il 16 luglio per valutare le possibili risposte delle 17 case automobilistiche interpellate dal ministero.
Adesso la visita della Dr Motor e dei cinesi e turchi con l’incontro fissato per questo pomeriggio al ministero potrebbe riaprire i giochi del possibile rilancio.

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Questa mattina il capo della casa automobilistica molisana, Massimo Di Risio, è andato a Termini Imerese per visitare lo stabilimento assieme al capo della cinese Chery International

Dr Motor ha trovato partner cinesi e turchi per rilevare lo stabilimento ex Fiat di Termini Imerese. Il capo della casa automobilistica molisana, Massimo Di Risio, ha visitato questa mattina la fabbrica siciliana assieme al numero uno dell'azienda automotive cinese Chery International, Zhou Bi Ren, e a Yuksel Mermer, presidente esecutivo della Mermerler, importatore ufficiale per la Turchia delle auto prodotte in Cina. Dallo staff di Dr Motor si è appreso che nel pomeriggio a Roma è stato fissato un incontro di Di Risio e Zhou con il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.

Secondo fonti di Dr Motor, sia la casa automobilistica cinese sia la società commerciale turca sono interessate a partecipare al progetto di Di Risio e ad entrare nel capitale dell'azienda molisana. Non si conoscono ancora dettagli sulla partnership, che dovrebbe essere illustrata a Passera da Di Risio e Zhou, unitamente a un concreto piano per acquisire lo stabilimento siciliano dismesso dal Lingotto nel dicembre del 2011.

Gli imprenditori sono giunti a Termini Imerese a bordo di tre suv prodotti da Dr Motor, e hanno visitato gli impianti dove fino allo scorso anno veniva prodotta la Lancia Ypsilon. Il patron della Dr e il numero uno della Chery ritengono di poter rilanciare il sito produttivo. (La repubblica palermo11 luglio 2012)